Tutela del whistleblower

Il licenziamento per giusta causa di un dipendente segnalante deve essere cassato se il giudice di merito non ha adeguatamente sondato la sua natura ritorsiva.
Lo afferma la Cassazione Civile nella sentenza n. 12688 dello scorso 9 maggio, con cui ha accolto il ricorso di un dipendente pubblico licenziato in tronco per omissione dei propri doveri d’ufficio e che in precedenza aveva segnalato alcune irregolarità all’A.N.AC. e alla Procura Regionale presso la Corte di Conti.
I giudici di merito investiti della questione, tuttavia, avevano confermato il licenziamento, sorvolando “sulla violazione dell’art. 54-bis del D.Lgs. 165 del 2001 (cd. whistleblowing)” e “trincerandosi sulla ritenuta sussistenza di una giusta causa”.
Ad avviso della Corte invece, anche laddove il provvedimento disciplinare non paia direttamente collegato alle segnalazioni operate dal dipendente, il giudice deve comunque valutare “il contesto in cui l’addebito disciplinare si inserisce” e che assume rilevanza per valutare la legittimità del licenziamento, non potendosi prescindere da una valutazione complessiva della vicenda.
Nel caso esaminato, la Cassazione ha valorizzato le denunce del lavoratore, la coincidenza temporale tra l’irrogato licenziamento e l’avvio di accertamenti contabili verso i dirigenti, il progressivo demansionamento del segnalante e gli ulteriori esposti dello stesso avverso le ritorsioni subite.

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