Concorso tra bancarotta e autoriciclaggio
Il delitto di bancarotta fraudolenta concorre con quello di autoriciclaggio qualora i beni della società fallita vengano reimpiegati in nuove attività in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza illecita.
In questi termini si è recentemente espressa la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 1203/2020, con cui è stato rigettato il ricorso contro il sequestro preventivo emesso nei confronti dell’imprenditore.
I giudici hanno sottolineato che non sussistono ragioni contrarie affinché anche il delitto di bancarotta fraudolenta concorra, in qualità di reato presupposto, con il delitto di autoriciclaggio di cui all’art. 648-ter c.p..
A tal fine, non è stato ritenuto sufficiente il mero trasferimento delle somme distratte verso altre imprese operative poiché, alla luce dell’art. 648-ter c.p., le condotte devono esser tali da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Questo requisito è stato ravvisato nel fatto che l’indagato, dopo aver concorso nella bancarotta, avesse realizzato una “polverizzazione del patrimonio” dell’impresa attraverso la progressiva creazione di diverse nuove società, ostacolando così la ricostruzione delle cause del dissesto della fallita.