Reati ambientali: interesse e vantaggio dell’ente

Secondo la Cassazione (sentenza n. 21034 dello scorso 30 maggio), in tema di inquinamento delle acque da reflui industriali, la condotta di apertura di uno scarico non autorizzato, realizzata in coerenza con le scelte organizzative e gestionali dell’ente che siano “da considerare inadeguate” alla luce del quadro normativo vigente, deve considerarsi nell’interesse e a vantaggio dell’ente anche laddove ciò non abbia comportato un risparmio di spesa.
Nel caso di specie, la Corte ha respinto il ricorso della S.p.A. condannata in sede di merito che lamentava l’insufficienza della motivazione in punto di interesse dell’ente. Ad avviso della Cassazione, infatti, il Tribunale ha correttamente argomentato che l’apicale aveva agito nell’interesse dell’ente in quanto l’omessa dotazione di uno specifico sistema di raccolta per i reflui era sicuramente coerente con la politica imprenditoriale della sua società, improntata ad un risparmio in termini organizzativi, ma altrettanto certamente era in contrasto con quanto invece prescritto dalla disciplina di settore.
Con riferimento alla configurabilità del reato presupposto di cui all’art. 137 D.Lgs. 152 del 2006, la Cassazione ha poi confermato il proprio consolidato orientamento secondo cui “per scarico si deve intendere qualsiasi versamento di rifiuti, liquidi o solidi, che provenga dall’insediamento produttivo nella sua totalità e cioè nella inscindibile composizione dei suoi elementi, a nulla rilevando che parte di esso sia composta da liquidi non direttamente derivanti dal ciclo produttivo”; nel caso di specie, ad esempio, non è valsa ad escludere il reato la circostanza che le sostanze chimiche industriali fossero frammiste alle acque meteoriche di dilavamento raccolte nell’impianto.

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