Patteggiamento dell’ente e sanzioni interdittive

Nel processo a carico dell’ente “le sanzioni interdittive sono sanzioni ‘principali’ e non ‘accessorie’, per cui, in caso di sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., queste ultime devono essere oggetto di un espresso accordo processuale tra le parti in ordine al tipo ed alla durata delle stesse e non possono essere applicate dal giudice in violazione dell’accordo medesimo”.
Con queste motivazioni la Cassazione (sentenza n. 14696 del 20 aprile scorso) si è pronunciata nel caso che ha visto coinvolta una società per l’illecito di cui all’art. 25-septies, comma 3 (lesioni colpose in violazione di norme antinfortunistiche).
La difesa dell’ente aveva raggiunto un accordo con la Procura (ai sensi degli artt. 444 c.p.p. e 63 D.Lgs. 231/2001) che prevedeva l’applicazione di una sanzione pecuniaria pari a euro 12.900, corrispondente a 50 quote. Il Tribunale, nel ratificare il patteggiamento, aveva altresì disposto l’irrogazione cumulativa di tutte le sanzioni intedittive di cui all’art. 9, comma 2, per la durata di tre mesi.
La Suprema Corte ha tuttavia annullato la sentenza, stabilendo il seguente principio: “Nel caso di ‘patteggiamento’ l’applicazione delle sanzioni interdittive può essere consentita solo all’esito di un espresso accordo processuale tra le parti, mediante il quale vengano preventivamente stabiliti il tipo e la durata della sanzione ex art. 9, comma 2, D.Lgs. n. 231 del 2001 in concreto da applicarsi (…). Il rapporto negoziale intercorso tra le parti preclude, infatti, al giudice di applicare una sanzione diversa da quella concordata, in quanto la modifica in peius del trattamento sanzionatorio, sia pure nei limiti della misura legale, altera i termini dell’accordo ed incide sul consenso prestato”.

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