La segnalazione non esime dalle proprie responsabilità
“La normativa di tutela del dipendente che segnali illeciti altrui (c.d. whistleblowing) salvaguarda il medesimo dalle sanzioni che potrebbero conseguire a suo carico secondo le norme disciplinari o da reazioni ritorsive dirette ed indirette conseguenti alla sua denuncia, ma non istituisce una esimente per gli autonomi illeciti che egli, da solo o in concorso con altri responsabili, abbia commesso, potendosi al più valutare il ravvedimento operoso o la collaborazione al fine di consentire gli opportuni accertamenti nel contesto dell’apprezzamento, sotto il profilo soggettivo, della proporzionalità della sanzione da irrogarsi nei confronti del medesimo”.
Sancendo tale importante principio, con l’ordinanza n. 9148 dello scorso 31 marzo, la Sezione Lavoro della Cassazione ha respinto il ricorso di un’infermiera che aveva denunciato comportamenti scorretti dei propri colleghi e che, solo per tale ragione, chiedeva un esonero dalla responsabilità disciplinare derivante dall'”aver svolto attività presso ente privato, non autorizzata, per circa otto anni e con introiti non irrisori”.
Secondo i giudici di legittimità, l’art. 54-bis D.Lgs. 165/2001, che disciplina l’istituto del whistleblowing nel settore pubblico, non può estendersi fino a escludere rilievo a illeciti commessi dal segnalante: “l’applicazione al dipendente di una sanzione per comportamenti illeciti suoi propri resta dunque al di fuori della copertura fornita dalla norma, che non esime da responsabilità chi commetta un illecito disciplinare per il solo fatto di denunciare la commissione del medesimo fatto o di fatti analoghi ad opera di altri dipendenti”.