Abuso d’ufficio e scelta del candidato
Non può configurarsi il reato di abuso d’ufficio in caso di supposti favoritismi nelle selezioni pubbliche, data la discrezionalità tecnica attribuita alle Commissioni preposte.
Così, la Suprema Corte, con sentenza del 16 aprile scorso, ha affermato la liceità della procedura selettiva relativa a un ufficio pubblico, alla luce della nuova formulazione del reato di cui all’art. 323 c.p., escludendo la rilevanza penale nel caso concreto.
Secondo la Suprema Corte, “gli atti amministrativi connotati da un ‘margine di discrezionalità’ tecnica sono esclusi dalla sfera del penalmente rilevante (…). Nella discrezionalità tecnica la scelta della Amministrazione si compie, infatti, attraverso un complesso giudizio valutativo condotto alla stregua di regole tecniche (…). Caso classico è proprio quello dei giudizi delle commissioni sul merito della produzione scientifica di un candidato”.
In considerazione della nuova normativa “il divieto di favoritismi privati, per quanto deducibile in via indiretta dal principio d’imparzialità, non può considerarsi oggetto di un’espressa previsione da parte della norma costituzionale di cui all’articolo 97, come oggi espressamente prescritto” e pertanto tale condotta non costituisce più abuso d’ufficio.