È illecita la diffusione di sentenze, se non per attività di informazione giuridica
X era stato condannato alla pena di un anno e un mese di reclusione e al risarcimento dei danni in favore della parte civile, in relazione ai reati di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 167, comma 2, d.lgs. 196/2003, per avere provveduto al trattamento di dati giudiziari di cui all’art. 4, comma 1, lett. E, d.lgs. 196/2003, mediante reiterata comunicazione e diffusione tra gli occupanti le abitazioni prossime a quella di Y della sentenza del 14 gennaio 2013 del Tribunale di Massa in procedimento penale nel quale il Y era imputato, e di copia della determinazione dirigenziale con la quale il Comune respingeva l’istanza di condono edilizio del Y.
X ha eccepito che non era stata adeguatamente considerata la natura di tali atti, trattandosi di atti pubblici liberamente consultabili.
La Corte di Cassazione, rigettando il ricorso, ha stabilito che il riferimento, compiuto dal ricorrente nel primo motivo di ricorso alla disciplina di cui all’art. 52 d.lgs. 196/2003, è improprio, in quanto la disciplina dettata dall’art. 52 citato riguarda esclusivamente l’attività di informazione giuridica, intesa come attività di riproduzione e diffusione di sentenze o altri provvedimenti giurisdizionali in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica, ovvero di documentazione, studio e ricerca in campo giuridico, su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, compresi i sistemi informativi e i siti istituzionali dell ‘Autorità giudiziaria (artt. 51 e 52 del d.lgs. 196/2003), ma non anche le attività diverse da queste, soggette ai limiti stabiliti dall’art. 27 citato, da ritenere pertanto illecite se poste in essere violando tali limiti, come nel caso in esame.