Risarcimento da infortunio sul lavoro
Il lavoratore che agisce per il risarcimento del danno a seguito di infortunio ha soltanto l’onere di provare che il fatto sia avvenuto per effetto dell’attività svolta, mentre non deve dimostrare l’inadempimento datoriale in materia di sicurezza.
Al contrario, spetta al Datore di lavoro fornire la prova che l’incidente si è verificato nonostante il pieno rispetto delle prescrizioni normative. Applicando tale principio, la Cassazione Civile, Sez. Lavoro, ha accolto il ricorso di un lavoratore che si era visto rigettare la richiesta risarcitoria per la perdita dell’uso di un occhio, colpito da una scheggia di ferro mentre eseguiva un’operazione senza specifici dispositivi di protezione individuale (ordinanza 26021 pubblicata il 24 settembre).
La Corte evidenzia quindi come il Datore, in base agli obblighi stabiliti dal D.Lgs. 81/2008 e dall’art. 2087 c.c., sia tenuto a provare di avere effettuato un’adeguata valutazione dei rischi ed una coerente organizzazione di sicurezza, di avere garantito l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori, nonché di avere adottato tutte le misure prescritte, vigilando sul rispetto delle stesse e sull’uso dei dispositivi di protezione.
La sentenza si sofferma anche sul rapporto tra danno riconosciuto dall’INAIL e risarcimento residuo a carico del Datore, statuendo che non può essere escluso il danno differenziale a carico di quest’ultimo solo perché l’Istituto ha già accordato una certa percentuale al dipendente. Posto, infatti, che l’infortunio poteva essere evitato utilizzando occhiali protettivi, l’accertamento incidentale, in sede civile, che il fatto costituisce (anche) reato deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale e non spetta quindi al lavoratore fornire la prova della colpa del Datore per violazione delle regole cautelari.