Legge n. 3/2019 a rischio di incostituzionalità

L’introduzione dei reati corruttivi tra quelli ostativi ai benefici penitenziari senza la previsione di alcun regime intertemporale costituisce una modifica peggiorativa sospetta di incostituzionalità per violazione dell’art. 117 Cost. e 7 CEDU. Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione nella recente sentenza n. 12541/2019.
In virtù della nuova disciplina sul trattamento penitenziario introdotta dalla Legge n. 3/2019 – che ha previsto rilevanti novità anche in materia di responsabilità degli enti non è più possibile sospendere l’ordine di esecuzione della pena detentiva per consentire al condannato di chiedere una misura alternativa quando si procede per reati di corruzione. In tale ipotesi è infatti divenuta obbligatoria la carcerazione immediata.
Nell’ordinamento interno, le disposizioni relative alle modalità di esecuzione della pena – come quella in esame – sono tradizionalmente ritenute norme processuali, in quanto tali soggette di regola al principio tempus regit actum. Tuttavia, secondo il diverso approccio adottato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo esse hanno natura sostanzialmente penale in quanto incidono sul grado di afflittività della sanzione: sono pertanto irretroattive se sfavorevoli.
Di conseguenza, ha argomentato la Corte, “non parrebbe manifestamente infondata la prospettazione difensiva secondo la quale l’avere il legislatore cambiato in itinere le ‘carte in tavola’ senza prevedere alcuna norma transitoria presenti tratti di dubbia conformità con l’art. 7 CEDU e, quindi, con l’art. 117 Cost., là dove si traduce (…) nel passaggio – ‘a sorpresa’ e dunque non prevedibile – da una sanzione patteggiata ‘senza assaggio di pena’ ad una sanzione con necessaria incarcerazione”.