Dipendente risarcito per fumo passivo

La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 276/2019, pubblicata lo scorso 9 gennaio dalla Sezione Lavoro, ha confermato il risarcimento in favore di un lavoratore per il danno biologico riportato in conseguenza del fumo passivo emanato dalle sigarette altrui.
Ad avviso della Corte, infatti, la scienza medica ha riconosciuto che reiterate inalazioni di fumo passivo possono determinare il tumore faringeo. Nonostante il rapporto di lavoro fosse cessato sedici anni prima che la patologia insorgesse, il dipendente è stato esposto al fumo per quattordici anni almeno sei ore al giorno, mentre svolgeva le sue ordinarie attività in locali insalubri e angusti, come confermato dal consulente tecnico d’ufficio audito dal giudice.
Pertanto, la patologia alle vie aeree superiori ha matrice professionale in quanto causata dalla permanenza in locali insalubri e l’azienda è tenuta a risarcire il dipendente che ha riportato un’invalidità permanente pari al 40%.
E’ stato vano per il datore di lavoro dedurre il vizio di motivazione del provvedimento, così come esprimere un generico dissenso sul parere del medico legale che aveva evidenziato la gravità della malattia.
Sebbene nel caso di specie non sia stata contestata alcuna responsabilità amministrativa a carico dell’ente, l’ipotesi potrebbe valere come reato ex art. 25-septies del D.Lgs. 231/2001: potrebbe pertanto valutarsi la previsione del relativo presidio nel Codice Etico societario.

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